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EPILESSIA E CRISI EPILETTICA: COS’E’ E COME SI CURA?

Cos’è l’epilessia?

Gli impulsi elettrici sono la modalità di trasmissione delle informazioni all’interno delle cellule del sistema nervoso. La regolazione di questo meccanismo è molto fine e complessa, per cui talvolta capita che si possano avere dei problemi. Le crisi epilettiche, anche dette attacchi epilettici o sindromi convulsive, sono scariche elettriche incontrollate che si verificano all’interno della corteccia cerebrale (la parte esterna del cervello) che interferiscono momentaneamente con l’attività del cervello. A seconda della zona colpita e della sua estensione, la persona avrà temporanee alterazioni della coscienza, della percezione, dell’umore e/o dei movimenti. Dal carattere improvviso di queste manifestazioni deriva il significato di “epilessia”: questo nome, infatti, proviene dalla parola greca ἐπιληψία, epilēpsía, che significa “sorpresa”, “attacco”.micuro.it/…tomia/cervello-sistema-nervoso

Epilessia: chi colpisce

La probabilità di avere almeno una crisi epilettica nel corso della vita è di circa il 10%, tuttavia si parla di epilessia, malattia cronica, soltanto quando una persona presenta due o più crisi epilettiche. Questa sindrome può insorgere a qualunque età, anche se in genere compare nei bambini o negli ultrasessantenni; se compare oltre i 25 anni di età si parla di epilessia tardiva.
Nel mondo, circa 6 persone su 1000 sono affette da epilessia, di cui quasi l’80% vive in Paesi in via di Sviluppo (questo è dovuto alla maggiore presenza di fattori di rischio e per i trattamenti meno accessibili). In Italia sono circa 30mila ogni anno le nuove diagnosi di epilessia.

Si può guarire dall’epilessia? Nella maggioranza dei casi, questa patologia può essere trattata. Negli altri casi è possibile convivere con l’epilessia, conducendo una vita normale, a patto di seguire alcuni accorgimenti a seconda della gravità della condizione. Infatti, una grave crisi epilettica può provocare cadute o incidenti talvolta fatali in determinate situazioni, ad esempio in piscina o alla guida.

L’epilessia è una malattia cronica molto diffusa, al punto da essere definita come una malattia sociale. La sua esistenza era documentata già nel 4000 avanti Cristo. Molti personaggi noti del passato erano affetti da questa patologia, come Socrate, Giulio Cesare, Michelangelo, Napoleone, il compositore Pëtr Il’ič Čajkovskij, il chimico e ingegnere Alfred Nobel e gli scrittori Agatha Christie ed Edgar Allan Poe. Tra i nostri contemporanei ricordiamo, ad esempio, Elton John.

Cause dell’epilessia

In molti casi (50% circa), la causa dell’epilessia non è conosciuta e si parla pertanto di forme idiopatiche o primarie. Nella restante parte si ha l’epilessia secondaria o sintomatica, che è data da danni cerebrali. Questi possono essere provocati da fattori tanto diversi come:

  • Carenza di ossigeno alla nascita;
  • Nei bambini al di sotto dei 2 anni, disturbi metabolici;
  • Patologie congenite come la sindrome di Down;
  • Infiammazioni, spesso scatenate da infezioni, come meningite o encefalite;
  • Parassitosi come la neurocisticercosi, provocata dalla Tenia solium;
  • Malattie neurologiche come il morbo di Alzheimer;
  • Ischemie cerebrali (ictus cerebrale, nei quali casi si parla di epilessia vascolare cerebrale);
  • Violenti urti alla testa (epilessia post-traumatica);
  • Tumori a carico del cervello;
  • Abuso di alcolici (epilessia alcolica) o sostanze stupefacenti;
  • Un altro fattore di rischio per lo sviluppo di epilessia è la familiarità. Talvolta, infatti, la malattia è influenzata da fattori genetici: una su 3 persone con epilessia ha familiari con questa patologia. I figli di persone con epilessia hanno una probabilità leggermente più alta, rispetto agli altri, di presentare epilessia nel corso.

Cause scatenanti delle crisi epilettiche e non epilettiche

Le crisi epilettiche possono essere facilitate dalla presenza di condizioni quali:

  • Stress emotivo;
  • Mancanza di sonno;
  • Interruzione dell’uso di sedativi;
  • Astinenza da alcolici o droghe (in caso di dipendenza da questi);
  • Esposizione a luci intermittenti o sfarfallanti (epilessia fotosensibile, PSE);
  • Sonno (epilessia notturna o morfeica) o risveglio;
  • Ciclo mestruale. Questo è dovuto alle variazioni ormonali (di estrogeni e progesterone), che agiscono sul cervello, aumentando in alcuni casi l’insorgenza di attacchi epilettici.

Raramente, il comparire di crisi epilettiche è strettamente subordinato al presentarsi di stimoli: si parla di epilessia riflessa. In genere è fotogenetica, cioè scatenata da luci intermittenti, oppure musicogenica, scatenata da precisi suoni; può essere anche determinata da videogiochi, cellulari o dal tocco di precise parti del corpo.

Alcune situazioni possono scatenare crisi epilettiche indipendentemente dalla presenza di epilessia. È il caso di alcuni farmaci (come aloperidolo e fenotiazine), infezionifebbre (tipica nei bambini le convulsioni febbrili), momentanee carenze di ossigeno al cervello e un basso livello di zuccheri nel sangue (ipoglicemia). Questi episodi sono chiamati crisi non epilettiche o crisi provocate e non richiedono un trattamento: è sufficiente rimuovere le cause perché scompaiano.

Cause scatenanti delle crisi epilettiche e non epilettiche

Le crisi epilettiche possono essere facilitate dalla presenza di condizioni quali:

  • Stress emotivo;
  • Mancanza di sonno;
  • Interruzione dell’uso di sedativi;
  • Astinenza da alcolici o droghe (in caso di dipendenza da questi);
  • Esposizione a luci intermittenti o sfarfallanti (epilessia fotosensibile, PSE);
  • Sonno (epilessia notturna o morfeica) o risveglio;
  • Ciclo mestruale. Questo è dovuto alle variazioni ormonali (di estrogeni e progesterone), che agiscono sul cervello, aumentando in alcuni casi l’insorgenza di attacchi epilettici.

Raramente, il comparire di crisi epilettiche è strettamente subordinato al presentarsi di stimoli: si parla di epilessia riflessa. In genere è fotogenetica, cioè scatenata da luci intermittenti, oppure musicogenica, scatenata da precisi suoni; può essere anche determinata da videogiochi, cellulari o dal tocco di precise parti del corpo.

Alcune situazioni possono scatenare crisi epilettiche indipendentemente dalla presenza di epilessia. È il caso di alcuni farmaci (come aloperidolo e fenotiazine), infezionifebbre (tipica nei bambini le convulsioni febbrili), momentanee carenze di ossigeno al cervello e un basso livello di zuccheri nel sangue (ipoglicemia). Questi episodi sono chiamati crisi non epilettiche o crisi provocate e non richiedono un trattamento: è sufficiente rimuovere le cause perché scompaiano.

Prevenzione dell’epilessia

Circa il 25% dei casi di epilessia è possibile la prevenzione, grazie a:

  • Controlli durante la gravidanza;
  • Riduzione della possibilità di urti alla testa (ad esempio indossando il casco quando necessario);
  • Prevenzione di malattie cardiovascolari, attraverso una corretta alimentazione, attività fisica, astensione dal fumo e riduzione del consumo di alcolici;
  • Cottura degli alimenti e corretta igiene nella loro manipolazione (ad esempio non toccare con le stesse posate carni crude e cotte);
  • Vaccinazioni, ed eventuali richiami, alle età consigliate (ad esempio i vaccini anti-meningococco).

Sintomi dell’epilessia

Qual è il quadro clinico dell’epilessia? Questa patologia è caratterizzata da particolari episodi acuti definiti come “crisi”, che possono manifestarsi in maniera notevolmente variabile da individuo a individuo. L’episodio dura dai pochi secondi ai diversi minuti (in genere è di 1-2 minuti) e si conclude senza che sia necessario intervenire (a meno che non duri più di 5 minuti o sia seguito da altre crisi epilettiche, nei quali casi occorre chiamare subito un’ambulanza).

I sintomi sono gli stessi in neonati, bambini e adulti, eccetto che per alcuni disturbi convulsivi che si verificano solo nei bambini (convulsioni febbrili e spasmi infantili). Talvolta le manifestazioni dell’epilessia passano inosservate o sono confuse con quelle di altre patologie, per cui sono necessari degli esami per andare a fondo. Ad esempio, questo si verifica in coloro che presentano epilessia notturna, che condivide alcuni sintomi con le parasonnie (malattie del sonno).

A seconda dell’estensione dell’area del cervello con attività elettrica alterata, si parla di crisi parziali o focali, in cui l’area colpita è ristretta, o crisi generalizzate, a più ampia diffusione cerebrale. In genere, in una stessa persona si manifestano allo stesso modo nel corso della vita, anche se chi ha crisi parziali potrebbe presentare crisi generalizzate successivamente.

Crisi epilettiche focali o parziali

Le crisi epilettiche focali, o parziali, danno sintomi che dipendono dall’area cerebrale in cui si verifica la scarica elettrica epilettogena, in quanto ogni zona del cervello è deputata alla regolazione di meccanismi differenti. Si possono avere crisi epilettiche focali (o parziali) semplici e crisi epilettiche focali (o parziali) complesse.
Nelle crisi epilettiche parziali semplici la persona è cosciente di quanto sta accadendo. Si può parlare di:

  • Crisi vegetative. Con questo termine si indicano le crisi che coinvolgono la regolazione delle funzioni vitali, involontarie. Spesso si presentano come sintomi di esordio dell’epilessia. Tra queste crisi vi sono un fastidio che risale dallo stomaco alla gola (sensazione epigastrica ascendente o aura epigastrica), salivazione, nausea, vomito, alterazioni del battito cardiaco, brividi o sudorazione, arrossamento o pallore, disturbi del ritmo cardiaco o dilatazione delle pupille (midriasi);
  • Crisi motorie. La persona manifesta movimenti incontrollati: contrazioni muscolari brevi (clonie o mioclonie) in genere di viso o arti, talvolta in modo progressivo da una parte all’altra del corpo (marcia o crisi jacksoniana); contrazioni muscolari prolungate in mandibola (che può provocare lesioni alla lingua), collo, schiena, tronco, muscoli respiratori o arti (con flessione delle braccia o estensione delle gambe); crisi versive (deviazione laterale di testa od occhi); crisi fonatorie o afasiche (emissione di suoni o incapacità di parlare); crisi motorie con segni inibitori (incapacità di effettuare movimenti);
  • Crisi somatosensitive. La persona manifesta sensazioni tattili insolite (come formicolii, dolori, sensazione di intorpidimento di una parte del corpo). Anche in questo caso può essere presente una progressione, detta marcia jacksoniana sensitiva;
  • Crisi visive. Il soggetto ha allucinazioni visive, come fotopsie (puntini luminosi o lampi), deformazione di quanto osserva, visione di scene non realmente presenti, riduzione del campo visivo. Sono tipiche ad esempio dell’epilessia occipitale di Gastaut, che si ha in età pediatrica e adolescenziale (tra i 3 e i 20 anni);
  • Crisi uditive. La persona sente i suoni deformati oppure rumori, voci o musiche non realmente presenti;
  • Crisi olfattive e gustative. Si ha la percezione di sapori e/od odori insoliti (in genere si sente un sapore acido);
  • Crisi cognitive e affettive (provocate ad esempio dall’epilessia del lobo temporale, ELT). La persona manifesta emozioni incontrollate (paura, rabbia, felicità) o sensazioni di distacco dalla realtà: stato sognante, scollegamento dal proprio corpo (depersonalizzazione), ricordi estranianti (ipermnesia, dismnesia), sensazioni di déjà vu o déjà veçu (impressione di aver già vissuto un episodio) o jamais vu (impressione che qualcosa sia sconosciuto sebbene non lo sia). Risulta quindi confusa o con lo sguardo perso nel vuoto. Spesso presenta anche movimenti automatici come deglutizione, strofinamento o tic;
  • Crisi vertiginose (corteccia temporale posteriore, temporo-occipitale e parietale inferiore). Più rare; in questi casi il soggetto ha la sensazione che l’ambiente o il corpo si stiano spostando, nonostante siano fermi.

Nelle crisi epilettiche parziali complesse, oltre a manifestarsi i sintomi appena descritti, la persona perde coscienza prima o durante l’episodio. Interrompe l’attività che stava svolgendo, presenta fissità dello sguardo e non reagisce più agli stimoli (ad esempio è incapace di rispondere alle domande). Al termine della crisi non ricorda quanto avvenuto. È quindi più importante l’intervento e l’osservazione delle persone presenti, affinché evitino incidenti e descrivano quanto avvenuto per una migliore diagnosi.

Crisi epilettiche generalizzate

Le crisi generalizzate, più frequenti delle parziali, possono essere distinte in 6 tipologie:

  • Crisi di assenza (infantile o nell’adulto), o “piccolo male”, in cui non vi sono convulsioni ma un’improvvisa perdita di coscienza di breve durata (mezzo minuto) che porta l’individuo a non essere consapevole del contesto che lo circonda. Può accompagnarsi a piccoli spasmi muscolari del viso (assenza mioclonica), azioni ripetitive (assenza con automatismo, come schiocchi delle labbra), afflosciamento della schiena (assenza atonica) o disfunzioni vegetative (come perdita di urina). Si tratta di manifestazioni tipiche di infanzia e adolescenza che tendono a scomparire con la crescita, entro i 20 anni;
  • Crisi miocloniche. Non c’è perdita di coscienza; sono caratterizzate da brevi contrazioni e tremori simmetrici di uno o più muscoli. Spesso sono a carico degli arti. In genere questo tipo di crisi si presenta soltanto nei bambini e negli adolescenti (epilessia mioclonica giovanile) e, laddove non scompare, viene sostituito da crisi tonico-cloniche;
  • Crisi toniche, ossia degli irrigidimenti muscolari che si associano a perdita di coscienza. Possono coinvolgere i muscoli di collo e testa (crisi toniche assiali), spalle e bacino (crisi toniche asso-rizomeliche) o gli arti (crisi toniche generalizzate), comportando spesso la caduta del soggetto. Nei bambini si possono avere gli spasmi in flessione, flessioni del collo, del tronco e degli arti che indicano che da adulti svilupperanno gravi forme di epilessia;
  • Crisi cloniche: la persona perde coscienza e manifesta scosse bilaterali a carico di testa, collo e arti superiori;
  • Crisi tonico-cloniche: normalmente dette “convulsioni” o “grande male”, sono la forma più severa e conosciuta di attacco epilettico. Ad essere coinvolti sono entrambi gli emisferi cerebrali, portando a una crisi divisa in tre fasi: tonica, clonica e post critica. Inizialmente, la persona perde coscienza e i suoi muscoli si contraggono, facendo urlare e cadere la persona. Poi, per circa 15 secondi, la persona può mordersi la lingua, andare in apnea (assumendo un colorito bluastro nel viso, detto cianosi), ipersalivare, perdere urina e avere alterazioni del battito cardiaco. Dopodiché si ha la fase clonica, che dura circa 30 secondi, in cui il corpo si scuote con forza decrescente. La fase post critica dura anche ore, poiché può indurre uno stato di sonno profondo detto sonno o coma post-critico. La persona, ancora incosciente, respira rumorosamente e ha i muscoli flaccidi; si riprende gradualmente. Dopo presenta dolori muscolari, mal di testa e stanchezza profonda; talvolta una conseguenza è una lussazione a una spalla;
  • Crisi atoniche, accompagnate da una perdita del tono muscolare: possono afflosciarsi collo e, più frequentemente, tronco e arti, comportando spesso cadute.

Epilessia notturna

Circa il 20% delle persone affette da epilessia presenta esclusivamente crisi epilettiche notturne (dette anche morfeiche), e un altro 20% presenta crisi sia di giorno sia di notte. Le variazioni di attività elettrica durante il sonno, infatti, sembrano aumentare la probabilità di attacchi epilettici.

Le crisi notturne si hanno principalmente in caso di epilessia del lobo frontale, che colpisce le aree laterali del cervello (in corrispondenza delle orecchie), coinvolte nella memorizzazione e nelle emozioni. In genere, la persona colta da epilessia notturna del lobo frontale si sveglia ed è cosciente. I sintomi sono gli stessi in bambini e adulti: respirazione alterata, nausea e sensazione di cadere precedono gli attacchi, che si manifestano con urla e scatti e spasmi degli arti. L’epilessia notturna autosomica dominante del lobo frontale (in inglese, ADNFLE) è una forma di epilessia del lobo frontale che colpisce i bambini. È l’epilessia infantile più comune e ha una causa genetica.

Attacchi epilettici notturni sono frequenti anche nell’epilessia benigna dell’infanzia con punte rolandiche o centrotemporali, detta anche epilessia rolandica o BECRS (perché origina nella zona cerebrale detta corteccia rolandica). Si tratta della forma di epilessia più frequente nei bambini; in genere compare tra i 5 e i 10 anni d’età e regredisce prima dell’adolescenza. In caso di crisi rolandica, il paziente si sveglia e rimane cosciente; durante l’attacco emette suoni di strozzamento e presenta ipersalivazioneafasia (incapacità di parlare) e spasmi del corpo più o meno estesi.

Anche l’epilessia mioclonica giovanile (o sindrome di Janz) può presentarsi nel sonno, in genere in prossimità del momento in cui ci si addormenta. Colpisce soprattutto gli adolescenti ed è caratterizzata da improvvise contrazioni dei muscoli (in genere delle braccia) mentre la persona è cosciente.

Complicanze dell’epilessia

Chi è affetto da epilessia presenta più spesso depressione rispetto alla popolazione generale. Le crisi più violente possono portare a lesioni, fratture e lussazioni. Alla lunga, le crisi convulsivanti che recidivano possono portare danni alla memoria e ad altre capacità cognitive della persona.

È possibile morire a causa dell’epilessia? Esiste un rischio leggermente maggiore di mortalità nei bambini e negli adulti epilettici. La maggior parte delle volte la causa sono i possibili incidenti comportati dalle cadute o le perdite di coscienza derivanti dagli attacchi epilettici, come ad esempio annegamenti, incidenti stradali o traumi cranici. Raramente si verifica, durante il sonno, il decesso inspiegato improvviso (in inglese, SUDEP), che si ritiene dipenda da alterazioni del battito cardiaco. In genere si ha nelle persone con frequenti crisi convulsive toniche-cloniche.

Epilessia in neonato e bambino

Neonati e bambini possono presentare epilessia a causa di malformazioni congenitetraumi o lesioni del cervello, carenza di ossigeno alla nascita e infezioni (come herpes, toxoplasmosi, rosolia e citomegalovirus) o assunzione di determinati farmaci da parte della madre in gravidanza. Talvolta le cause non sono note. Il trattamento, nella maggior parte dei casi in cui le crisi non smettono di manifestarsi spontaneamente, consiste nella rimozione delle cause scatenanti crisi epilettiche. Altrimenti può rendersi necessario fornire anticonvulsivanti. In oltre il 70% dei casi si guarisce dall’epilessia infantile e da quella giovanile.

Come si manifesta l’epilessia nei bambini? I sintomi sono gli stessi presenti negli adulti: in genere si hanno scatti degli arti o in metà del corpo, inflaccidimento dei muscoli o movimenti ripetitivi come masticazione e schiocchi delle labbra. Più rare le crisi tonico-cloniche generalizzate. La forma più comune di epilessia pediatrica (circa un quinto dei casi totali) è l’epilessia benigna infantile con punte centro-temporali (o a parossismi rolandici, EPR), che si manifesta durante il sonno, svegliando il bambino, e comporta in genere ipersalivazione, suoni di strozzamentoafasia (incapacità di parlare) e spasmi del corpo più o meno estesi. Oltre alle manifestazioni epilettiche presenti anche negli adulti, nei bambini si hanno gli spasmi infantili e le convulsioni febbrili.

Gli spasmi infantili in genere si presentano entro il primo anno d’età e terminano ai 5 anni, spesso sostituite da altri tipi di attacchi. I sintomi includono movimenti improvvisi della testa, degli arti e della parte superiore del corpo che durano pochi secondi e si ripetono più volte nell’arco di pochi minuti. In alcuni bambini, alla lunga, determina deficit cognitivi, per cui è importante diagnosticare la patologia quanto prima perché possa essere trattata tempestivamente. La terapia consiste nella somministrazione di ormoni o anticonvulsivanti; in alcuni casi è possibile ricorrere alla chirurgia, che si configura come simile a quella per l’epilessia.

Le convulsioni febbrili, scatenate dalla febbre (in genere dovuta a un’infezione) possono essere semplici (in cui il bambino presenta spasmi in tutto il corpo per meno di 15 minuti) o, nel 10% dei casi, complesse (la durata dell’attacco epilettico è superiore ai 15 minuti o si ripete entro 24 ore e può coinvolgere tutto il corpo o solo una parte del corpo – attacco parziale). Sono innocue; necessitano di trattamento solo se sono complesse. Si presentano in genere tra i 6 mesi e i 3 anni e in 2 casi su 3 si verificano soltanto una volta; non indicano epilessia: soltanto raramente indicano che il bambino svilupperà la patologia più avanti.

Diagnosi di epilessia

Quale medico cura l’epilessia? Gli specialisti maggiormente indicati per lo studio dell’epilessia sono neuropsichiatri, psichiatri e neurologi; lo stesso vale per i bambini colpiti da epilessia, ma anche i pediatri possono avere notevole esperienza in merito. Il medico parte con l’eseguire un’anamnesi, una serie di domande in cui analizza la situazione, valutando la presenza di fattori di rischio (familiarità, traumi, altre patologie, abitudini del soggetto), gli eventuali sintomi e tutti i dettagli relativi alle presunte crisi epilettiche (durata, manifestazioni, fattori che le hanno precedute). Dato che le persone che hanno avuto crisi generalizzate non erano coscienti, è importante riportare quanto dichiarato da altre persone che fossero presenti durante gli episodi epilettici; per i bambini è sempre necessaria la testimonianza dei genitori.
Dopodiché il medico passa a un esame obiettivo neurologico, in cui esamina la cute per rilevare anomalie, osserva la persona per individuare tremori ed effettua un esame del sistema motorio e valutazione dei riflessi.

Dal momento che alcuni dei sintomi dell’epilessia sono sovrapponibili a quelli di altre patologie, spesso è importante effettuare anche altri esami, soprattutto in seguito a una prima visita per sospetta epilessia.

  • Di norma sono prescritti esami del sangue al fine di individuare la presenza di fattori di rischio (come infezioni, disturbi metabolici e abuso di stupefacenti);
  • L’elettroencefalogramma o elettroencefalografia (EEG) prevede l’applicazione di elettrodi sul cuoio capelluto al fine di rilevare eventuali anomalie nell’attività elettrica cerebrale, che nelle persone con epilessia possono essere presenti anche quando non è in corso una crisi epilettica. Talvolta si richiede alla persona di effettuare l’esame in presenza di stimoli che possono scatenare un attacco epilettico, come luci lampeggianti (test di Harding). L’EEG di base dura circa 40 minuti; per monitorare i pazienti più a lungo termine, il che consente di rilevare gli episodi epilettici con maggiori probabilità, si possono impiegare l’EEG dinamico Holter (la persona tiene indosso un’apparecchiatura che la monitora per 24 ore) o l’EEG video (o telemetria; la persona viene ricoverata, da 2 a 7 giorni, perché venga osservata dagli specialisti). Si tratta di esami innocui e indolori, che non richiedono particolare preparazione;
  • Polisonnografia (PSG). Sulla persona viene posizionato un apparecchio per lo studio del sonno, che monitora le funzioni dell’organismo (movimenti, attività cerebrale, cardiaca, respiratoria, movimenti) durante la notte. In genere il paziente dorme a casa sua, per poi restituire lo strumento agli operatori, per le analisi, il giorno successivo. Grazie a questo esame, che non presenta controindicazioni, è possibile individuare disturbi del sonno come l’epilessia notturna;
  • La Tomografia Computerizzata (nota come TAC o, più correttamente, TC) e la Risonanza Magnetica (RM o RMI) consentono di rilevare anomalie cerebrali (come traumi, masse ed emorragie) anche molto piccoli e altre anomalie che possono portare all’epilessia. Talvolta vengono eseguite in sequenza. Nella TC si sfruttano piccole quantità di raggi X, per cui in genere non viene impiegata nei bambini, soprattutto se piccoli; la RM sfrutta invece campi magnetici, risultando del tutto innocua per chiunque, anche per le donne in gravidanza. La risonanza magnetica funzionale (RMF) consente anche di osservare il flusso del sangue, mostrando l’attività cerebrale;
  • Tecniche di Medicina Nucleare come PET e SPECT, che usufruiscono di piccole quantità di molecole radioattive, hanno lo scopo di studiare approfonditamente l’attività nelle diverse regioni cerebrali;
  • Test neuropsicologici. I medici valutano la presenza di patologie che portano danni cognitivi tramite una serie di domande utili a verificare memoria, linguaggio, capacità visuo-spaziali.

Trattamento dell’epilessia

Dall’epilessia si può guarire in circa il 70% dei casi grazie a diverse possibili soluzioni. Infatti, in seguito alla terapia, circa un terzo dei pazienti ha una notevole riduzione nella frequenza delle crisi epilettiche e un altro terzo non ne presenta più. Secondo le linee guida, si parla di guarigione da epilessia quando la persona non presenta crisi da 10 anni senza necessitare di anticonvulsivanti da 5. Altri trattamenti sperimentali sono in corso di valutazione e potrebbero aumentare ulteriormente il numero di pazienti che si rimettono completamente.

Epilessia: come si cura

Innanzitutto si rimuovono le eventuali cause degli attacchi, ove possibile. Ad esempio, rimuovere un tumore può risolvere alla radice il problema che comporta l’epilessia. Quando questo non è possibile, si passa al trattamento. Dato che a una prima crisi epilettica spesso non ne seguono altre, in genere si effettuano le terapie farmacologiche o chirurgiche per l’epilessia soltanto dopo il manifestarsi di una seconda crisi epilettica. Questo è importante soprattutto nei bambini, per i quali alcuni farmaci (anticonvulsivanti) possono avere effetti collaterali molto significativi, come problemi di apprendimento e comportamentali. Per evitare interferenze tra farmaci, è importante che il medico sia sempre informato dei trattamenti in corso o che sono stati prescritti.

Terapia farmacologica

La terapia farmacologica dell’epilessia consiste nell’utilizzo di anticonvulsivanti, medicinali che riducono l’eccitabilità dei neuroni. Ne esistono diversi tipi, con efficacia differente a seconda del tipo di crisi convulsiva e della persona; è importante che vengano assunti secondo la prescrizione e che il paziente porti un braccialetto con indicato l’anticonvulsivante che sta assumendo e la patologia. Talvolta occorrono mesi per trovare il farmaco più efficace e adattare la dose ai bisogni del paziente. Per ridurre al massimo gli effetti collaterali e monitorare la situazione, la persona deve sottoporsi periodicamente a esami di controllo. Occorre assumere il farmaco per almeno 2 anni da quando le crisi si interrompono.

Terapia chirurgica

Alcuni pazienti si mostrano resistenti alla terapia farmacologica (“epilessia refrattaria”), come avviene spesso in chi presenta lesioni cerebrali, chi aveva un EEG anomalo nell’anno precedente o negli adulti che presentano epilessia dall’infanzia. L’epilessia del lobo temporale è il tipo farmacoresistente più comune. L’approccio chirurgico è indicato laddove le aree epilettogene sono definite e non sono coinvolte in funzioni cognitive o vegetative importanti. L’operazione può consistere nella rimozione della parte o nell’effettuazione di piccole incisioni che isolano la zona epilettogena dai neuroni vicini, limitando la diffusione della scarica elettrica.

Stimolazione del nervo vago

Qualora sia sconsigliato il trattamento chirurgico, è indicata la neurostimolazione del nervo vago (stimolazione vagale). I chirurghi impiantano, sotto cute, un dispositivo simile a un pacemaker cardiaco: esso invia scosse elettriche al nervo vago. Il risultato è una riduzione dell’insorgenza delle crisi epilettiche.

Dieta ed epilessia: alimenti da evitare

L’alimentazione può aiutare a controllare le crisi epilettiche. Una dieta sana ed equilibrata, ricca di alimenti di origine vegetale e poco processati (con al massimo tre ingredienti) risulta essere di aiuto a chiunque abbia attacchi epilettici. In alcuni pazienti che presentano farmacoresistenza ai medicinali per la terapia dell’epilessia sono di aiuto diete più restrittive, come la dieta chetogenica, la dieta Atkins modificata e la dieta a basso indice glicemico, che comportano un’estrema riduzione nell’assunzione di carboidrati.

Ogni persona è differente e un regime alimentare può dare diversa efficacia o possibili effetti collaterali, come costipazione e dislipidemia (un’eccessiva riduzione dei grassi nel sangue). Quindi, è bene che sia un dietologo a prescrivere la dieta e seguire la persona. Peraltro, la restrittività di simili diete le rende difficili da assumere per il tempo necessario, quindi la presenza dei professionisti, insieme al supporto dei familiari, è di aiuto anche nel continuare l’alimentazione prescritta.

Convivere con l’epilessia

A scopo preventivo delle crisi è bene ridurre il consumo di alcolici e caffè, evitare sostanze stupefacenti, discutere con il medico alternative per i medicinali che possono scatenare attacchi epilettici e ridurre lo stress. A tal proposito, alcune abitudini possono aiutare a controllare l’epilessia perché migliorano la salute fisica e psicologica.

  • Sport di gruppo (come calcio, pallavolo, basket e tennis) e attività fisica (come yoga e atletica leggera) sono fortemente consigliati, in particolare in bambini e adolescenti, per i quali hanno anche un importante ruolo di integrazione sociale. Anche altre attività di socializzazione sono raccomandate.
  • Talvolta possono contribuire alcune particolari diete, ad esempio tramite la riduzione nell’assunzione di zuccheri (per questa opzione è bene consultare un medico, che consiglierà come comportarsi in base alle necessità della singola persona).
  • Prodotti di origine naturale sembrano ridurre alcuni sintomi, come il cannabidiolo (da Canapa sativa) e lo zenzero (anticonvulsivanti), l’iperico (antidepressivo) e la valeriana (calmante), ma bisogna porre attenzione agli effetti collaterali, soprattutto nelle donne in gravidanza. I rimedi “naturali”, infatti, possono risultare tossici o interferire con i trattamenti, nonostante la loro ottima fama.

La persona colpita da epilessia dovrebbe anche evitare situazioni che risulterebbero pericolose, per sé o per altri, in caso di improvvisa perdita di conoscenza. Tra queste si annoverano i bagni, le nuotate, le arrampicate, la guida e l’uso di macchinari potenti o elettrici. Il lavoro della persona deve quindi escludere questi fattori. Tale discorso non si applica alle persone che hanno crisi controllate da almeno 6 mesi; perché si possa guidare, questo periodo deve essere di almeno un anno. Può mantenere la patente anche chi presenta solo crisi epilettiche notturne.

Per il resto, è possibile condurre una vita normale. Non occorre temere nemmeno una gravidanza, al contrario di come talvolta si pensa: oltre il 90% delle gravidanze di donne con crisi epilettiche si conclude con successo. Comunque è consigliato che le donne si rivolgano a un medico prima di avere figli, soprattutto se sotto terapia anticonvulsivante, ed è necessario che le gestanti si sottopongano a controlli per evitare complicazioni. Per garantire una buona qualità di vita, lo Stato Italiano offre all’epilettico un’invalidità tra il 20% e il 100%, livello a cui ottiene la pensione di inabilità; la soglia minima per ottenere prestazioni agevolate è del 34%. Oltre al 66% la persona ha esenzioni parziali sui ticket e oltre il 73% un assegno mensile di assistenza.

È bene ricordare che anche le persone intorno a chi è affetto da epilessia hanno un ruolo essenziale: devono fornire al soggetto supporto emotivo quando necessario, senza risultare protettive, ed è importante che conoscano la malattia per sapere come agire in atto in caso di crisi epilettiche ma anche per ridurre la stigmatizzazione sociale intorno all’epilessia, che talvolta può portare alla discriminazione dell’epilettico con una conseguenze riduzione della qualità della sua vita.

L’epilessia a scuola

A partire dal 23 settembre 2019 è online la prima piattaforma digitale interattiva sull’epilessia per insegnanti e studenti tra gli 8 e i 12 anni, promossa dalla LICE, la Lega Italiana contro l’Epilessia. L’obiettivo è quello di educare alla malattia, facendo conoscere il suo impatto sul bambino e promuovendo le regole da seguire nel caso in cui sia colpito da una crisi epilettica.

“La qualità di vita di chi soffre di epilessia dipende molto anche dagli altri e da quanto sanno di questa sindrome neurologica”, ha commentato Oriano Mecarelli, Presidente LICE“Al disagio personale spesso si aggiungono i pregiudizi e le paure degli altri. Le maggiori difficoltà di inserimento scolastico, infatti, non derivano da un ritardo mentale del bambino che soffre di epilessia, ma dall’atteggiamento negativo dei compagni che, non conoscendo la patologia, assumono nei suoi confronti comportamenti di scherno e allontanamento, aggiungendo disagio al disagio. Ecco perché conoscere l’epilessia è il passo fondamentale per abbattere barriere e sconfiggere inutili paure. Noi di LICE siamo orgogliosi di questo progetto e ci auguriamo che i docenti iscritti alla piattaforma siano numerosissimi.” 

È infatti importantissimo che insegnanti e altri operatori siano informati di come agire, in modo da poter intervenire in caso di necessità. Occorre anche che siano informati su chi soffre di epilessia e che nelle scuole siano a disposizione farmaci salvavita nel caso si verifichino crisi in forme gravi.

Come gestire una crisi epilettica

Nel caso di una crisi a prevalente natura convulsiva è bene restare con la persona finché l’episodio non si è concluso, con la persona in sé e in grado di camminare. Vi sono diversi accorgimenti da adottare e comportamenti da evitare, prescrizioni che è bene siano note a familiari, partner, amici, insegnanti e colleghi. Tali indicazioni valgono sia in caso di crisi epilettica di un adulto sia in caso di crisi epilettica di un bambino.

Cosa non fare:

  • Bisogna assolutamente evitare di estrarre la lingua del paziente o introdurre oggetti nella bocca per timore del soffocamento: si tratta di comportamenti inefficaci che possono diventare controproducenti;
  • Non vanno somministrati acqua o cibo;
  • Gli arti non vanno bloccati.

Cosa fare:

  • Prevenire cadute;
  • Allontanare oggetti taglienti e spigolosi dalla persona che ha un attacco;
  • Slacciare abiti stretti al collo e toglierle, se li indossa, gli occhiali;
  • Se il soggetto è a terra, è bene porre qualcosa di morbido (come un vestito arrotolato) sotto il capo;
  • Evitare assembramenti di persone attorno al soggetto, in quanto possono risultare deleteri nella fase di recupero.
  • A crisi terminata, è bene ruotare il capo da un lato, favorendo la fuoriuscita di saliva ed il ripristino di una respirazione tranquilla.

Nel caso di crisi a prevalente alterazione dello stato di coscienza ci si può limitare alla vigilanza, prevenendo che il soggetto si faccia del male. Occorre invece chiamare il 112 (Numero Unico Emergenza), al fine di trasferire il paziente al Pronto Soccorso più vicino, se:

  • La persona ha problemi a respirare o si è ferita gravemente;
  • La crisi epilettica dura più di 5 minuti (una condizione nota come status epilepticus);
  • Si verificano più crisi epilettiche di seguito;
  • La persona non ha mai avuto attacchi epilettici prima.

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